lunedì 28 novembre 2011

Les Feuilles Mortes

Come da titolo, la dubbia stagione altro non può ispirare se non un breve percorso legato a queste sensazioni, a questo immaginario.


"Les Feuilles Mortes" ha una sua storia affascinante che in minima parte percorreremo.
In principio, si trattava di un componimento di Jacques Prévert.
Joseph Kosma nel 1945 ne compone la musica.

Più in dettaglio, in origine, le note di Kosma dovevano essere solo un tema per il balletto di Roland Petit "Rendez Vous" (1945).
Su quel tema Prévert, autore anche dell'argomento del balletto, compose le parole su suggerimento di Marcel Carnè, che desiderava il soggetto del balletto per trarne un film dal titolo "Les Portes De La Nuit" con Yves Montand, di cui il brano divenne colonna sonora. Il film non fu un successo, a differenza di altri film straordinari di Carnè, ma il brano esplose,
come si può vedere ed ascoltare qui. Dello stesso Montand, ne esistono numerose versioni successive, incise quando era più maturo, in cui anche nella vocalità compare un'interpretazione ancora più consapevole.

Ben presto il pezzo circola in francese, diventando un classico interpretato anche da Edith Piaf, e si diffonde in tutto il mondo anche nella traduzione inglese del 1949 di Johnny Mercer (traduzione un po' limata del recitativo iniziale e meno tragica), specialmente in ambito jazz col nome di "Autumn Leaves".

Qui la versione, come si dice oggi "iconica", di Juliette Gréco (dal vivo a Berlino, 1967), con una parte di recitativo, teatrale e in fondo "esistenzialista":



Moltissime sono le versioni del brano nei vari decenni, in varie lingue e da parecchie nazioni, di cui alcune memorabili, perchè di volta in volta il pezzo stesso permette di concentrarsi sulla recitazione, sull'interpretazione, sulla capacità introspettiva dell'interprete, o su un'aura affascinante in generale e sulla musicalità.
D'altro canto, il contrasto "sentimenti che finiscono-tempo che passa" è un topos prima che canoro, letterario e poetico.

E' stata suonata dai grandi del jazz, da Miles Davis, Bill Evans, Duke Ellington, cantata da Sarah Vaughan, da Nat King Cole, da Frank Sinatra nella traduzione di Johnny Mercer.
Anche se, per le versioni vocali maschili, il duello tra Yves Montand, Frank Sinatra e Nat King Cole è un po'...all'ultimo sangue, molto difficile dire una parola definitiva sul migliore.

Di seguito la versione strumentale (tra le più riuscite in assoluto) di Miles Davis e Julian Cannonball Adderley (alto sax), 1958, dall'album-pietra miliare Blue Note "Somethin' Else":




Qui di seguito invece la versione completamente trasformata, vocalese, ironica e velocissima di Sarah Vaughan con Wynton Marsalis alla tromba:



Il brano è noto anche in versione italiana, nella performance di Patty Pravo,
ma anche nell'ennesima variante quasi ballabile e glamour in tempi più recenti da Grace Jones e Patricia Kaas.

Patty Pravo "Le Foglie Morte" (dall'album "Di Vero In Fondo", primo della trilogia Philips, con Orchestra di Giampiero Reverberi, 1973)




Per chiudere, la versione levigata, pop e insieme memoriale, ma più spensierata,
dell'elegante Patricia Kaas.





buon ascolto
Josh

venerdì 18 novembre 2011

Il don Rodrigo vimercatese


"...Taluni però di quei fatti, certi costumi descritti dal nostro autore, c'eran sembrati così nuovi, così strani, per non dir peggio, che, prima di prestargli fede, abbiam voluto interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugar nelle memorie di quel tempo, per chiarirci se veramente il mondo camminasse allora in quel modo..." (I Promessi Sposi - introduzione)

La strada che da Ornago va a Bellusco, al tempo dei "Promessi Sposi" era immersa in un fitto bosco che rendeva difficilmente individuabile una costruzione che vi fosse immersa. Ornago e Bellusco sono due comuni del Vimercatese, ad est dell'omonima città. Ornago oggi conta circa 5000 abitanti, ma a quell'epoca contava forse appena qualche centinaio d'abitanti. Questi, stando agli indizi forniti dalla lettura del verbale di cui sotto, pare vivessero in condizioni assai disagiate, soggetti a prevaricazioni, angherie e soprusi di ogni genere da parte del signore locale, Francesco Seccoborella. Costui apparteneva all'omonimo casato dei Seccoborella di Vimercate, del quale s'è trattato nel post precedente. Francesco Seccoborella, la pecora nera di quella dinastia millenaria, era stato artefice e mandante in un fattaccio di cronaca, che avrebbe potuto ispirare la figura del don Rodrigo manzoniano: rapimento, segregazione, violenza carnale prolungata e continuata per anni verso una giovane donna coniugata; violenza e minacce di morte al marito della vittima, tanto da costringerlo a fuggire lontano da casa per non rischiare di venire assassinato. Nonostante le continue denunce e suppliche da parte della madre, le autorità non riuscirono o non vollero por fine alle angherie e ai tormenti della famiglia del giovane ornaghese. Insomma, il Seccoborella spavaldamente non si curava della legge. Uccise poi anche suo padre, per impossessarsi anzi tempo dei beni di famiglia, al che la giustizia si mosse in forza, riuscendo a stanarlo e catturarlo.
Il documento, contenente la denuncia della madre della vittima, è conservato nell'Archivio plebano di Vimercate, e riportato integralmente nella ponderosa Storia di Vimercate, alle pagine 563 e seguenti. Esso è rivelatore del clima in cui vivevano alcuni signorotti - non solo il Seccoborella - sulla fine del Cinquecento e nei primi decenni del secolo successivo, che si beffavano impunemente della legge.
Il libro, pubblicato nel 1975 dall'Editrice Luigi Penati e Figli di Vimercate, è dello storico Eugenio Cazzani. Come si può dedurre dall'introduzione dei Promessi Sposi, la vicenda fa parte di quelle che avrebbero potuto ispirare la figura di don Rodrigo. Infatti, si ricorda che fin dai tempi dell' Accademia dei Pugni i fratelli Verri erano stati amici di Cesare Beccaria, nonno materno di Alessandro Manzoni, i quali avevano vaste proprietà terriere ad Ornago. E' poi nota la passione giovanile di Giulia Beccaria per Giovanni Verri, il più giovane dei quattro fratelli, e quindi il Manzoni potrebbe aver appreso quella storia già da bambino, durante una visita con la madre nel vimercatese.
Riprendendo il filo della storia, in seguito a quel fattaccio del Seccoborella, e ad altri consimili avvenuti in quei decenni nella Lombardia Spagnola (uno di questi è raccontato da Antonio Balbiani nel suo Lasco il bandito della Valsassina), costrinsero il governatore di Milano, Conte di Fuentes (qui) (e qui) ad emanare la famosa grida manzoniana "Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda...e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernicioso...successivamente emanò una nuova grida, nella quale aggiungeva ...con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite."  
    

Ornago - Il palazzotto di Francesco Seccoborella trasformato in cascina agricola (foto di Gabriele Solcia - da Panoramio)

Nel 1595 “havanti il Signor Giudice Suarez compare Angela di Solari, figlia quondam Agostino, habitante in Vimercato, et con grave querela espone in questo modo; e che havendo essa esponente un solo figliolo per nome Rugier Berna, giovane de circa 18 anni, esso figliolo si maritò che sono forse tre anni, in Caterina Spresegia, giovina di buon aspetto, allevata de buoni costumi nel monastero de Orsoline, (S. Gerolamo) in Vimercato; et vivendo quietamente nella casa loro in detto loco de Vimercato, dove è feudatario il Conte Ludovico (Francesco) Secco, giovane molto dissoluto et fatto formidabile et insoportabile per le sue male qualità non solo a suoi sudditi ma abboritto ancora da ogniuno che la (lo ha) praticato.
Ecco che detto Conte Ludovico (Francesco) preso damore (!) della detta Caterina cercò ogni via per ridurla a compiacerlo; ma essendo lei sempre stata reticente, esso Conte ridotta alla sua devotione la matrigna d’essa Caterina et una sua sorella detta la Barbos, in casa di quali habitava essa Caterina, et corrote con danari et presenti introdussero detto Conte dalla detta Caterina et così per forza et con minaci, metendogli il pugnial alla golla et con agiuto da essa sua matregnia, compiti i suoi sfrenati dessiderij et al fine accortesene detto Rugiero suo marito, ecco che detto Conte una notte con comitiva de gente andò alla casa di detta Caterina et per forza la condusse a casa sua in Vimercato, dove la (l’ha) tenuta più di un anno senza alcuno timore de la giustizia divina né humana, non ostante che più volte per gli ministri di santa Chiesa gli sia stato comandato sotto gran penna che la mandasse via, il che però mai ha voluto hobedire facendo professione de non hobedire ad alcuno superiore; et il giorno di Natal passato essa Caterina glia (gli ha) partorito uno figliolo come è nottorio.

Dappoi che detto Conte hebbe in casa sua detta Caterina sua suddita et tratenedola al dispetto del marito, qual non osava parlare né lamentarsi di tal opressione, occorse che l’anno passato in tempo del carnovale facendosi una festa in casa de Vitorio Galarato speciaro in Vimercato, detto Rugiero hauto notizia che detto Conte voleva condure a detta festa mascherata detta Caterina sua moglie, andò alla detta festa et pigliata in ballo una maschera chredendo fosse sua moglie, detto Conte subito sfodrò il pugnale, tirò molti colpi ad detto Rugiero et lo feritte malamente sopra la testa; ma in questo non fu fatto altro processo perchè il pover homo non osava comparere, anci bisogna andasse nascosto hor qua hor là perché detto Conte lo perseguitava per farlo amazzare, del che ne havea grande paura, si per essere esso Conte molto diabolico e bestiale come che era fomentato de alcuni malviventi e banditi paurosi che teneva in casa continuamente in detto loco de Vimercato suo feudo; fra questi David Legniano da Gropello bandito per homicidio d’animo deliberato proditoriamente comesso, delli quali esso Rugiero non ne poteva pretendere ignoranza perché sino l’anno 1593 che detto Rugiero praticava familiarmente in casa di detto Conte, vedeva, trattava et praticava con essi banditi non sapendo che fosero come hanno fatto molti altri de Vicomercato, dei quali esso Conte si serviva per dare et oltraggiare hor ferite hor bastonate a questo et quello in Vimercato, conducendoli ancora seco di notte palesemente con harchibusi da roda ancora sopra le feste con un puocco scandello de popolo ridotto a termine (che) se ben ricevevano offese et oltraggi non osavano favellare.
Hora il povero giovane ridotto in estremità, desfatta la casa né sapendo come salvar la vitta sua, fu forzato partirsi et andar alla guerra metendosi nella compagnia de cavalli del Segnor Hercule Gonzaga, dove è servito molti mesi in Piamonte et Savoia, et avendo scoperto che detto Conte avea datto mandato di amazarlo atalcun soldato, si aguardò per molto tempo, ma redotosi a una grave infermità et in stato tale che non era per combattere né per resistere se gli fuse hocorso qualche disgratia, deliberò partirsi, né puotendo haver licenza, redotto quasi ad estremo, senza licentia se ritirò dal servitio et al presente è ancora infermo fuori de Stato (di Milano) et se gli sarà concesso che possa comparere sicuramente, metterà in luce tutte le predette cose.
Per ciò ritrovandosi prigione detto Conte, hora al Capitano de giustizia per suoi misfatti esponente in absenza et in nome del detto suo figliolo ha esposto tutte le predette cose aciò che detto Conte habbia il debito castigho, facendo mettere in sicuro detta Caterina perché detto Conte e suoi agenti non la facino disperdere esendo lei informata delli mandati datti per il Conte d’amazar detto Rugier et delli banditi rettenuti in casa sua et altri de portatione darchebusi da roda in fatti desso Conte, prevedendo ancora alla sicurezza del esponente et suo figliolo, acetando che sempre detto Conte è talmente furibondo che presupone che nisuno gli habbi a comandare come più e più volte pubblicamente à detto ne mile occasioni che alli pari suoi né officiali né il senato né mancho il Principe ma sollo il Re, et in segnio di verità veghasi ne le mani del nottario Merone che ghe un processo contra detto Conte ancora pendente, così comandò de tre milla scudi che non vada a Vimercato per ordine del Senato né mai ha voluto obedire; et nelle mani di Gio Francesco Giusano notaro pende un altro processo con una sicurtà de mille scudi che fosse obbligato andare a Roma per ordine del Senato et niente di mane (!) che sprezando ogni cosa non ha voluto obedire, anci tornato a casa sua usò termini molti inconvenienti alla Contessa sua Madre come questa per processo pendente in mano al notario Verano; et di più puoco fa per ordine del Senatto sequestrato in casa in Milano sotto penna (di) due milla scudi né mai ha voluto hobedire, anzi è andato dove ghe parso et per segnio poco in Milano, ferito sopra la testa de animo deliberato un procurator de Vimercato come è notorio, lasando che più e più volte à tentato tossicar la madre et il fratello minore per restare sollo, come tutta la terra de Vicomercato et molti principali in Milano ne sono informati.
(Per) le predette cose si potriano esaminare Giuliano Sovatino et suo figliolo maggior, che altre volte praticavano in casa del detto Conte, Margarita da Galbiate fantesca già del detto Conte che ora è in cassa della Contessa sua Madre, Gio Ambrosio Canturino che di presente è in cassa di detta Contessa, Girolamo servitor del detto Conte, il Fascinetto servitor di detto Conte, Cesare ucelatore desso Conte, il Moretto già servo del detto Conte hora servo a Nicola Antone Oratio Aizurij detto Gambasino suo prestinaio in Vimercato, ma per haver la verità da sudetti bissognia de in proviso farli retenere et usarli delligentia altriamente non si troverà conto alcuno per la paura chano del Conte suddetto":

Immagini:
- Renzo e Lucia al Lazzaretto - dal sito Bassilo.it  
- Don Rodrigo - dal sito  Wikideep.it

martedì 8 novembre 2011

Dall'Inizio alla Fine

Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo simile potessero vivere uomini irascibili ed irosi...

Una bella canzone si riconosce dall'attacco, un eccellente libro dal suo incipit. Lo avrete riconosciuto in molti, questo sublime racconto di Dostoevskij "Le notti bianche". Lo stile è alto, rarefatto, come le notti sulla Neva. E la storia è suddivisa in quattro notti, dove il protagonista è un giovane Sognatore senza nome. Un sognatore che dopo aver immaginato mirabolanti avventure lette sui romanzi di Walter Scott, vive una storia d'amore con una fanciulla di nome Naste'nka. La quale però è innamorata di un altro che l'ha lasciata. I due diventano grandi amici. Lui il nostro Sognatore l'aiuta a scrivere una lettera all'amato lontano. Ma poi...
Ma continuamo con ordine...
Si vedrà da queste pagine se sarò io o un altro l’eroe della mia vita.
Per principiarla dal principio, debbo ricordare che nacqui (come mi fu detto e credo) di venerdì, a mezzanotte in punto. Fu rilevato che nell’istante che l’orologio cominciava a battere le ore io cominciai a vagire.
Dalla infermiera di mia madre e da alcune rispettabili vicine, alle quali stetti vivamente a cuore parecchi mesi prima che fosse possibile la nostra conoscenza personale, fu dichiarato, in considerazione del giorno e dell’ora della mia nascita, primo: che sarei stato sfortunato; secondo: che avrei goduto il privilegio di vedere spiriti e fantasmi; giacché questi due doni toccavano inevitabilmente, com’esse credevano, a quegli sciagurati infanti dell’uno o dell’altro sesso, che avevano la malaugurata idea di nascere verso le ore piccole di una notte di venerdì...
E questo indovinate che cos'è? Lo lessi alla biblioteca scolastica in tenera età alle scuole elementari e mi rimase impresso nella memoria. Si tratta di David Copperfield di Dickens.
D'estate, mia madre e mia zia mi inviavano durante certi pomeriggi caldi, dalle suorine a imparare a ricamare. Nel ricamo ero una vera schiappa, in compenso la suora allietava quei meriggi solatii leggendo a voce alta i romanzi della gioventù, come li si chiamava allora. E mi ricordai del piccolo Lord Fauntleroy che appoggiava la sua testina  bionda sul cuscino di seta gialla. Di un vecchio nonno burbero che non voleva riconoscerlo come nipotino, ma che poi gli si affezionò. Il mio lavoro col cucito non cresceva, in compenso sapevo riassumere perfettamente il libro letto. E capii fin da allora che cresceva con me un'irrimediabile dipendenza da racconti che mi ha accompagnato per tutta la vita.
 
Chi amo? Su, rifletti, forza. A me è proibito il sogno di un amore con questo naso al piede, che almen di un quarto d'ora ovunque mi precede. Allora per chi amo? Ma questo va da sé. Amo, ma è inevitabile, la più bella che c'è."

Ah, che meraviglia, il personaggio di Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, così forte, così coraggioso, armato  di cappa e spada, ma anche così fragile nei sentimenti, così raffinato e sensibile nello scrivere ineffabili  lettere d'amore! Eppoi quel suo amore sfortunato per la cugina Rossana, mi commuoveva fino alle lacrime. Ovviamente, nella mia ingenuità pensavo con la fantasia d' intervenire nella trama modificando il destino dei personaggi:  Rossana, ma perché non ti sei mai accorta dell'amore del povero sventurato Cyrano?  Cyrano, perché ti sei messo al servizio "epistolare" di Cristiano e non ti sei dichiarato direttamente alla tua bella cugina?
E c'era spazio anche per le avventure marine in "Ventimila leghe sotto i mari" o nella giungla indiana con gli strangolatori Tugs dei libri di Salgari. Ma ad atterrirmi era quel forsennato del capitano Achab, un vero ossesso irascibile. Perché era così insistente nel voler cacciare Moby Dick,  la povera balena bianca?

Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa esattamente quanti - avendo in tasca poco denaro, o forse non avendone affatto, e non avendo nulla di particolare che mi trattenesse a terra, pensai di andarmene un poco per mare, a vedere la parte del mondo coperta dalle acque. E' il sistema che uso per scacciare la tristezza...

Solo più tardi, avanti nel tempo, intravidi in quell'inspiegabile fanatismo del capitano Achab verso il cetaceo bianco come la morte, una sorta di proiezione della mentalità americana, in corsa verso il suo Armageddon. Non importa rimetterci la propria vita, importa uccidere il mostro. E Achab per una strana  fatalità rimase arpionato con il suo Leviatano in un abbraccio simbiotico e simbolico. Ma le buone letture sono come frutti che non cessano di  nutrirci per tutta la vita.
Per lo scrittore, per il romanziere, la  narrazione è la costruzione di un sogno vivido e ininterrotto. Dall'inizio alla fine. E la sua più grande aspirazione è trascinare e sedurre  il lettore in questa poetica della reverie coinvolgendolo nella trama, nel climax, creandogli l'identificazione con questo o quel personaggio. O anche ostilità verso altri personaggi negativi e malvagi. In molti casi, la lettura è una vera e propria vita parallela. Un infinito intrattenimento di gran lunga superiore a quelli impostici dall'attuale società. Il sogno può essere  impossibile come quello del grande tycoon Gatsby, per Daisy, ragazza frivola della gioventù dorata americana, che gli sfuggì sposando un uomo ricco. Eppure Gatsby, realizza  l'American Dream,  quello di poter arricchire in fretta, troppo in fretta, lasciando morti sul campo con la sua automobile simbolo del suo status raggiunto, pur di conquistarsi una rispettabilità. Così dopo la rapida ascesa, arriva fatale,  la caduta. L'ultima meditazione sulla sua brillante meteora fu affidata a Nick, il vicino di casa:

E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'é sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia ... e una bella mattina...Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato (Francis Scott Fitzgerald) 


Uno dei più bei finali della storia della letteratura "Il Grande Gatsby", non c'è che dire.
Ma torniamo al giovane Sognatore iniziale di Dostoevskij. Non riuscirà a conquistare la fanciulla Nasten'ka. La lettera che scriverà per la ragazza, farà tornare l'amato. Un giorno sulla Neva, mentre Nasten'ka e il Sognatore passeggiavano lungo il ponte, lei  rivede il suo amore e si stacca dal giovane per tornare da lui. Così il Sognatore viene risospinto  crudelmente proprio in quel sogno da cui voleva evadere per vivere (come tutti)  la realtà di un amore vero. Ma non se ne risentirà e trarrà da questa ferita un'occasione per impreziosire la sua vita, una lezione di una moralità leggendaria :
Non pensare, Nasten'ka, che io ricordi la mia umiliazione, né che voglia oscurare la tua serena e calma felicità con una nube scura.Non pensare che voglia rattristare il tuo cuore con amari rimproveri, che voglia addolorarlo con un rimorso segreto, che voglia renderlo melanconico nel momento della beatitudine, che voglia strappare uno solo di quei teneri fiori che tu hai intrecciato tra i tuoi riccioli neri quando, insieme a lui, sei andata all'altare... Oh! mai, mai! Che il tuo cielo sia sereno, che il tuo sorriso sia luminoso e calmo! Sii benedetta per quell'attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore, solo, riconoscente! Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! E' forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?.

Come potremmo definire questo finale di una così struggente tenerezza? Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire  e che ci avvince dall'inizio alla fine.



Hesperia









martedì 1 novembre 2011

Il Faro




(Edvard Hopper, "Lighthouse Hill", 1927)

L'immagine, l'idea del faro è un elemento che ritorna numerose volte in svariati ambiti.
Ne abbiamo esempi in letteratura, in funzione reale o simbolica, e ovviamente in pittura.

(Claude Monet, "Molo di Le Havre", 1868)

Per la vita, e per la battaglia intellettuale, abbiamo bisogno di "fatti che lampeggino", e di autori che mettano gli oggetti in luce serena", scriveva Ezra Pound.
Di questi fari di verità oggi avremmo più che mai bisogno, ma a quanto pare non è il periodo storico azzeccato.

Venendo alla letteratura italiana, per esempio, Italo Svevo per simboleggiare i due momenti di costruzione del fatto letterario parlava di "Poetica del Faro e della Formica": il primo momento, del faro, sarebbe quello dell'ispirazione, dell'intuizione e sentimento. Il momento successivo, della formica, sarebbe quello della riflessione e organizzazione dei dati, per fissare gli oggetti ispirati dalla "fase-faro" nell'interiorità dello scrittore. Per cui la luce del faro, qui ispirazione dell’artista, illumina con la sua luce. La formica, poeta che riflette, approfitta del momento di intermittenza della luce per trovare la strada che porta al faro.

(Salvator Rosa, "Marina del Faro" 1640)

A parte il gioco intellettuale sveviano, un altro faro è centrale per l'immaginario, nel famoso libro di Virginia Woolf "Gita al Faro": anche qui è più che mai simbolo, di un obiettivo che pare impossibile raggiungere.

(Georges Seurat, "Ospizio e Faro di Honfleur", 1886)

Esiste poi tutta una letteratura minore, d'aura romantica su guardiani del faro e misteriose donne del faro, per esempio in ambito inglese e anche nordamericano, dallo sfondo molto diverso rispetto alla solarità del faro nei caldi paesaggi mediterranei.

Comunque sia, il faro è per sua stessa natura legato al tema del lontano, del viaggio, della "frontiera" anche se marittima stavolta; in molti casi è legato al tema dell'isola, ma in letteratura l'isola ha una sua fenomenologia ben definita che tratteremo in altra sede.

Ancora un autore vicino, questa volta spesso fisicamente, ai fari, è Hemingway, dalla sua residenza di Key West.


(Henry Perlee Parker, Grace Darling salva equipaggi nella tempesta)

Parte dell'immaginario romantizzato deriva comunque da vicende reali: la storia di Grace Darling (1815-1842) delle Isole Farne, per esempio, che visse in due "lighthouses", eroina vittoriana che salvò col padre, nel mare in tempesta con la loro barchetta, numerose persone dal naufragio della nave Forfarshire, rovinata sulla scogliera. Grace ottenne riconoscimenti internazionali ed è ricordata ufficialmente tutt'oggi.

(Martin Heemskerk, "Pharos of Alexandria")

O ancora, diversamente dai fari attuali, elettrici,
il faro era adoperato inizialmente come torre per segnalare la costa, luogo di avvistamento antico con fuoco, ma anche edificio militare per guardia, vedetta o avvistamento.
Il faro più noto del mondo antico fu appunto sull'isola di Pharos, di fronte al porto d'Alessandria in Egitto: costruito tra il 300 e il 280 a.C., rimase funzionante fino al XIV secolo.
Questo quando ancora si riteneva che la costa fosse un "confine", e si potesse essere attaccati via mare. Un tempo non è che il primo venuto potesse attraccare nelle proprie rive.

Un impatto più diretto al tema lo offre sicuramente la pittura.




Subito viene alla mente Hopper, dal momento che oltre al consueto iperrealismo urbano, come contraltare ha dipinto spesso immagini di edifici della costa, che comprendevano fari.
In Hopper il faro è talvolta raffigurato in maniera sospesa, un po' astratta. Non cade nella pittura di genere, delle "marine", ma mantiene un suo sguardo caratteristico. La stessa esistenza dei fari è in fondo mitica, per la stratificazione storica di funzioni che ha assemblato su di sè.
Si veda sopra "The Lighthouse at Two Lights" (1929).

(De Chirico, "La Nostalgia dell'Infinito", 1913)

Sulle correlazioni di questo dipinto, la studiosa Elena Pontiggia fa notare l'ispirazione vagamente metafisica, che viene accostata a "La Nostalgia dell'Infinito" di Giorgio De Chirico.
L'accostamento non è antistorico, anche perchè Lloyd Goodrich, riconosciuto come maggiore critico di Hopper, dedica proprio a De Chirico nel 1929 un articolo favorevole su "The Arts", rivista in cui anche Hopper lavorava.

Ma la storia della pittura offre numerose interpretazioni del tema, in svariate chiavi.

(Guttuso, "Il Faro", 1931)

Per terminare la breve rassegna, chiudo con un brano musicale a tema:
la misteriosa "The Lighthouse" di Siouxsie Sioux & Hector Zazou, con voci sciamaniche unite a varie influenze dal sound tipicamente nordico, e la partecipazione di Mark Isham alla tromba, Renault Pion clarino, Marc Ribot chitarre.
Tratto dall'album collettivo "Chansons Des Mer Froides", il testo del brano è un estratto dall'inquietante poemetto (ancora...la letteratura) di Wilfred Wilson Gibson "Flannan Isle",
leggibile qui.





Josh